Lavorative: fortunatamente il mio impegno è travalicato i confini di Non so parlar d'altro. Gestisco un altro blog di scrittura creativa (Racconti Ingeniti), tengo una rubrica su Selacapo.net (Vuoi stare zitto per favore?) e collaboro con Atarassia.com.
L'evoluzione parte da questo articolo sulla mafia, scritto da una mia amica, Elisa Santonastaso, studentessa al primo anno di specialistica di Scienze Politiche, che ha colto subito il nuovo spirito di cui voglio permeare il blog: la partecipazione spontanea, fatta di interventi, discussioni e testimonianze. Studiando ha avuto la fortuna di seguire un corso tenuto dal grande Nando Dalla Chiesa, figlio del grandissimo e mai troppo rimpianto Carlo Alberto.
Il corso, Sociologia della devianza, le ha acceso la luce su un argomento spinoso e affascinante, ovvero la mafia, un fenomeno criminoso di cui l'Italia, ahnoi, detiene i copyright.
Ecco quindi un suo contributo, a cui spero ne seguiranno altri. L'articolo è appassionato, trasparente e chiarificatore. Un ottimo excursus sociologico su un argomento di cui non si dovrebbe mai smettere di parlare.
Non mi resta che augurarvi buona lettura. E ringraziare Elisa per questo ottimo articolo.
Perché la mafia è forte e come la conoscenza del fenomeno rappresenti davvero uno strumento per la sua lotta
Oggi sappiamo cosa sono la mafia, la camorra e la 'ndrangheta, possiamo studiarne la loro storia, la
loro struttura e la loro economia. Abbiamo i dati, abbiamo elaborato le informazioni, ne abbiamo preso atto, possiamo enunciare i requisiti del modello mafioso. Eppure in passato, quando ne sapevamo così poco, per definirla era sufficiente dire che si trattava di un rozzo codice cavalleresco cui obbediva "l'arretrata popolazione rurale siciliana".
Oggi è difficile rendersi conto di quanto non si sapesse sulla mafia prima che Tommaso Buscetta si sedesse davanti a Giovanni Falcone, rivelandone il nome “Cosa Nostra”.
“La mafia non esiste”, questa frase è stata spesso sentita e ripetuta. Questo luogo comune ha serpeggiato per molti anni, riuscendo a rafforzarne il potere. Oggi possiamo dire che essa è molto di più di un fenomeno criminale tout court: è ben più articolato della semplice aggregazione di persone nell‟illecito, è un attacco all‟economia di un Paese ed alle sue regole democratiche, è un‟organizzazione criminale sì, ma di stampo mafioso, come evidenzia l'articolo 416 bis del Codice Penale.
La mafia è in competizione con lo Stato per il controllo del territorio in quanto entrambi operano sullo stesso territorio. La mafia è contro lo Stato perché nega il diritto, non riconosce il monopolio statale della forza e considera il ricorso all‟omicidio, e alla violenza in generale, come la sua forma di giustizia. Tuttavia, la mafia è contemporaneamente dentro e con lo Stato per quanto riguarda le sue attività legate al denaro pubblico e alla partecipazione attiva alla vita pubblica. La mafia ha bisogno del consenso della gente, del rapporto con l'amministrazione pubblica, del rapporto con l'imprenditoria, del rapporto con la politica, altrimenti sarebbe un normale fenomeno criminale che si risolve nell'accumulazione del profitto illecito.
Per parlare di mafia è necessario che siano contemporaneamente presenti questi requisiti: controllo
del territorio, rapporti di dipendenza personale, esercizio della violenza come suprema forma di
regolazione dei conflitti e rapporti organici con la politica. Se manca anche solo uno di questi, non possiamo parlare di mafia. Se manca l'esercizio della violenza, ad esempio è clientelismo. La forza della mafia deriva dal suo potere economico, dalla protezione politica, dalla forza di intimidazione militare e dal consenso popolare. Perché è forte? Le cause sono la legittimità, l'invisibilità ambientale, l'invisibilità concettuale, l'espansività e l'impunità.
Analizziamo questi fattori, perché sono proprio questi che portano direttamente in causa l'intervento cittadino perché la forza della mafia, ricordiamocelo, sta al di fuori della mafia.
La legittimità rende il fenomeno mafioso conforme alle consuetudini ed è visibile, ad esempio, quando un mafioso conosciuto gira impunito per il paese, quando ad un mafioso viene dato dell'eroe dal ritorno dal carcere o quando viene scarcerato per insufficienza di prove, per scadenza dei termini, per dei vizi procedurali, oppure quando un boss ha rapporti alla luce del sole con importanti esponenti delle istituzioni. In questo modo si legittima la mafia. Per espansività basti pensare che le mafie hanno colonizzato il Nord - Italia, in particolar modo la 'ndrangheta, che ha contatti in Sudamerica, nei Paesi dell'Est, negli Stati Uniti e che opera come intermediario in molti traffici illeciti. Questo è possibile perché sul territorio la mafia trova le convergenze giuste. Con impunità si fa riferimento al fatto che per anni non è esistita una legislatura specifica per il fenomeno mafioso e che per arrivare al 416 bis ci sia dovuto essere l'assassinio di Pio La Torre e del Generale Dalla Chiesa e che, per il 41 bis e la legge sui pentiti, si sia dovuti passare per le stragi dei “mitici” magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. In Italia, infatti, il meccanismo è stato sempre questo: strage, sdegno dell'opinione pubblica, provvedimento legislativo. Insomma, interventi ex-post, avvenuti quando lo Stato si è trovato costretto ad intervenire.
Con invisibilità materiale, s'intende l'idea che "la mafia non esiste" o che non esiste "qui", nel luogo dove si vive. Come una volta si diceva al Sud, oggi si dice in molte regioni del Nord, dove la presenza della 'ndrangheta, tramite questo meccanismo, si fa sempre più capillare ed intensa.
Proprio al Nord, proprio nei luoghi dove negli anni '70 si sosteneva che la mafia non avrebbe potuto resistere, in quanto territori troppo civilizzati per un fenomeno che ancora era considerato “rurale”. Eppure proprio in questi luoghi oggi vige la stessa omertà che già era conosciuta nei quartieri di Palermo. La grande scommessa, che si basava anche sul soggiorno obbligato al Nord, è stata persa: la mafia ha una spiccata capacità di adattamento all'ambiente e alle trasformazioni della società, pur non cambiando mai la sua essenza: possono cambiare le sue forme, i suoi linguaggi, i suoi livelli di forza economica, ma la sua natura non è mai cambiata.
Per invisibilità concettuale, invece, intendiamo l'incapacità di distinguerla dal clientelismo o dalla
delinquenza comune. In questo caso, il concetto stesso di mafia non viene inteso e compreso attraverso l‟osservazione e la riflessione, ma viene confuso con altri.
Che cosa significa invisibile? In senso assoluto, diciamo che è invisibile ciò che, per essere puro
spirito o comunque incorporeo, non si manifesta materialmente: ad esempio diciamo che Dio è
invisibile agli uomini. Oppure diciamo che sono invisibili cose di cui, per la loro distanza e piccolezza, non si riesce a percepirne l'esistenza con la vista, ma che possono per lo più essere percepite con l‟aiuto di strumenti, come le stelle, invisibili ad occhio nudo. Invisibile è anche qualcosa che, per essere ben nascosta o mascherata, non appare esternamente o sfugge all‟occhio.
Nel linguaggio economico, diciamo che sono esportazioni e importazioni invisibili le uscite e le entrate di beni e servizi, non rilevabili direttamente, provocate da spostamenti di uomini (quali emigrazioni e immigrazioni, afflusso e deflusso di turisti) e investimenti di capitali nazionali all'estero ed esteri in Italia. Credo che tutte queste accezioni del termine, spieghino il fenomeno mafioso: è invisibile perché i più credono che non li riguardi direttamente, i più non sanno cosa sia e dove sia, non sanno, ad esempio, che il cinema presso il quale vanno a vedere l'ultimo blockbuster americano è stato costruito con profitti illegali derivanti dal traffico di stupefacenti. Non lo sanno perché non immaginano che questo possa succedere. Invisibile si rifà anche all‟economia mafiosa: oggi il volume d‟affari è tale da parlarne in termini di multinazionale e ciò è avvenuto grazie al circuito invisibile che lega le due facce dell‟accumulazione del capitale, legale ed illegale.
Invisibile all'occhio non significa, però, che non si può vedere. Così come usiamo il telescopio per vedere le stelle, così dovremmo avere una strumentazione adeguata per vedere la realtà. Tante sarebbero le stelle di cui non si saprebbe l‟esistenza se non ci fosse stata una strumentazione adeguata a conoscerle. Allo stesso modo dovremmo avere tutti gli strumenti concettuali per comprendere le dinamiche criminali che marcano la nostra società.
Credo che ciò di cui la società ha bisogno sia l'attrezzatura per imparare a vedere e per imparare a sconfiggere l'invisibilità. E chi dovrebbe fornirla se non lo Stato, la cui stessa etimologia, dal latino “superanus”, indica la sua superiorità rispetto ad ogni altro soggetto entro i suoi confini? Quale definizione possiamo oggettivamente dare alla mafia quando, paradossalmente, la medesima si rapporta costantemente con la stessa società nazionale che la combatte? Il peso di una perenne questione criminale che ha influito sul sistema politico e che non ha saputo andare oltre quei meri interventi a ridosso delle grandi stragi, grava sulla società, questo è innegabile. Chi o cosa ci protegge, dunque, dall‟invisibilità? La conoscenza. Perché lo Stato non è solo composto dalle sue istituzioni, dal Parlamento, dal Governo e dal potere giudiziario, lo Stato è anche la società, quel complesso di relazioni sociali, economiche e politiche, prerogativa di ogni popolo che insiste su di un ambito territoriale definito.
Inoltre, per meglio conoscerle, dobbiamo ricordare che le organizzazioni mafiose sono composte di
uomini in carne ed ossa, di organigrammi, regole, ruoli, gerarchie, intese e conflitti e non figure da
romanzo o film. Sono persone che fanno affari a livello internazionale ma che danno moltissima importanza ai riti di passaggio quali matrimoni, cresime, battesimi, tanto da compiere omicidi nella stessa famiglia se essi non vengono rispettati. Queste sono le condizioni della loro forza. Giovanni Falcone diceva che gli uomini d'onore non sono né diabolici né schizofrenici e che non dobbiamo trasformare la mafia in un mostro, né pensare che sia una piovra o un cancro, ma riconoscere che ci rassomiglia. Possiamo dunque sconfiggerla perché non è estranea al nostro mondo quotidiano, coinvolge tutti noi, quindi non è un problema d‟altri, come spesso si dice, ma di tutti noi.
Elisa Santonastaso
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